A San Francisco… ed è giro del mondo

E così, quasi senza accorgercene, dopo più di 600 giorni, eravamo arrivati negli Stati Uniti. Sì, è vero, anche le Hawaii fanno parte degli Usa. Ma mentre eravamo su quelle isole da sogno nel bel mezzo dell’oceano, ci sentivamo solo lontano da tutto. Come fosse una parentesi, un luogo sospeso a metà strada tra Asia e America. Sbarcare a San Francisco, invece, è stato come iniziare davvero un nuovo capitolo. Il capitolo americano. Quello che più ci spaventa per tanti motivi. Il budget in primis, ma anche la cultura che è così simile alla nostra da farmi pensare che sarà facile tornare con la testa a quello che era prima di partire. Gli USA non erano mai stati nei piani, che poi chiamarli piani è un parolone dato che di programmato c’è poco o nulla nel nostro viaggio. Ci lasciamo guidare molto dagli eventi, dai consigli delle persone che incontriamo, dai sogni che volevamo realizzare e… dai costi dei biglietti aerei! Sì, quelli influiscono molto.

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Comunque, dicevamo che siamo arrivati a San Francisco.

Mentre guardavo l’aereo atterrare sulla città illuminata nella notte, non sapevo bene cosa provare. Da un lato ero triste, come puoi non esserlo quando lasci un paradiso terrestre? Dall’alto però non vedevo l’ora di scoprire questa San Francisco che tutti ci avevano dipinto come una città stupenda, una delle più belle del mondo. Il primo impatto, però, non è stato dei migliori. Dopo un mese su un’isola alle città grandi non eravamo più abituati. E così abbiamo sbagliato uscita della metro e ci siamo ritrovati in un quartiere che è stato un pugno allo stomaco. Tenderloin, il quartiere dove vivono moltissimi senza tetto. Si vedono tende sbucare su tutti i marciapiedi, un vero controsenso in una società come quella americana che appare a tutti come un modello. Come possono esserci così tante persone che vivono per strada in una città degli Stati Uniti? Te lo aspetti in India e nelle grandi città del Sud Est Asiatico. Alle Hawaii lo noti ma pensi ancora che sia il “problema” di un’isola nel bel mezzo del mare. Poi arrivi a San Franscisco e ti accorgi che è la norma e che le persone che vivono per strada sono molte più di quelle che ti saresti mai aspettato.

Attraversato quel quartiere però, ecco la città come l’avevamo immaginata, con le sue vie in salita e discesa, i palazzi con le scale antincendio illuminate dalla luce dei lampioni. Quando arriviamo all’ostello finalmente respiriamo, appoggiamo gli zaini e ci sembra di essere entrati in un film. Da un ostello che si chiama Music City Hotel ci aspettavamo che la musica fosse presente, ma non avremmo mai immaginato che un posto così esistesse davvero. Paolo suonava in una band e io era la sua prima supporter, andavo a tutti i concerti del sabato sera nei pub tristi della bergamasca. Ci divertivamo un sacco perché eravamo con gli amici, in compagnia. E la musica per me è sempre stato quello, qualcosa da condividere. Ma anche un sottofondo durante un viaggio, una canzone da cantare a squarciagola quando sei solo a casa, una musica da ballare come due scemi in cucina.

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La musica, le luci di San Francisco, noi due… era tutto perfetto.

La mattina ci alziamo carichi e pronti ad esplorare la città. Un burrito enorme con uova, bacon, guacamole e tutto quello che si può mettere in un breakfast burrito per cominciare la giornata. Questo Muisc City Hotel ci sta proprio viziando. E San Francisco è davvero stupenda. Tanti quartieri uno diverso dall’altro. Ci perdiamo a guardare quei palazzi che sembrano usciti da un film e ci fermiamo spesso a riprendere fiato per tutti quei sali scendi continui. Le strade qui hanno una pendenza pesantissima.

Ed è proprio durante una pausa per riprendere che fiato che Paolo mi guarda e mi dice: “Quest nostro viaggio adesso è diventato davvero un giro del mondo. Siamo a San Franscisco, siamo arrivati dall’altra parte!” Non ci avevo ancora pensato e quelle sue parole mi stupiscono. Stiamo facendo il giro del mondo… ancora non ci credo. Certo un po’ a modo nostro, saltellando qua e là di Paese in Paese, che basta riguardare la mappa di quello che abbiamo fatto per capire che di programmi ne facciamo pochi. Il giro del mondo è una di quelle cose che suona di impresa epica, noi che di epico abbiamo ben poco ma che ci abbiamo messo il cuore in questo viaggio… sempre un po’ di più ad ogni passo.

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